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  • Immagine del redattoreElisabetta Favaron

Fundraising e multipotenziale. Perché no?Note di una fundraiser multipotenziale/ 1

Vi invito a una breve ricerca sul web, dove in linea di massima apprenderete che il termine multipontentiality è in uso già da diversi anni negli Stati Uniti, ma è stato rilanciato abbastanza di recente (2015) dalla giovane Emilie Wapnick nel TED (Technology Entertainment Design) “Perché alcuni di noi non hanno una unica vocazione?” https://www.youtube.com/watch?v=4sZdcB6bjI8>. Emilie racconta come la società tenda a ritenere che se una persona è competente in materia finanziaria, non può esserlo anche in materia letteraria o viceversa. Se si ha una spiccata mentalità creativa, non se ne può sviluppare una matematica. I multipotenziali sono persone che hanno la capacità di avere molteplici interessi e di appassionarsene fino a diventarne competenti, sentono la necessità di spaziare da un settore all’altro e di conseguenza maturano la volontà e il desiderio di sviluppare più aspirazioni professionali. Emilie Wapnick imprenditrice, consulente professionale, blogger, regista ha fatto della multipotenzialità la sua vita.


I MP non sono geni, non hanno un Q.I. più alto della media, sono persone normali che maturano l’esigenza e si sentono realizzati quando possono svolgere più attività, utilizzandole con competenza. Alcuni scelgono una sola professione, trasferendo le altre abilità nel tempo libero e negli hobbies. Altre si sentono naturalmente guidate verso un lavoro dove possano mettere in pratica più conoscenze e attitudini.

Dall’esterno e in un mondo del lavoro dove i ruoli e i modelli professionali sono chiari e lineari, dove molti iniziano e concludono la propria vita lavorativa sempre nella medesima azienda, dove una volta individuata la propria professione l’obiettivo è quello di un percorso verticale di crescita, un multipotenziale appare come un indeciso sulla propria carriera, una persona che non ha ancora capito cosa farà da grande. Purtroppo un multipotenziale nella vita professionale incontra varie difficoltà e talvolta una certa frustrazione perché questa “liquidità”, questo creare connessioni tra ambiti differenti non trova ancora pieno accoglimento e comprensione nel mondo aziendale e del pubblico impiego. Nel concreto vengono interpretati come indecisi che non sanno che direzione prendere o come inesperti perché non confluenti in un settore specifico. In un mondo del lavoro che dopo la rivoluzione industriale punta alla specializzazione, i multipotenziali amano la trasversalità e diventare competenti in più materie.

L’altra faccia della medaglia è invece l’adattabilità a mutabili contesti, la flessibilità, la capacità di creare connessioni tra materie e ambiti anche molto distanti tra loro.

Sono appena all’inizio di questo percorso di approfondimento, per cui quanto scrivo risente certamente di inesperienza sul tema e ancora di insufficienti elementi e riferimenti. In più ne parlano ancora davvero in pochi in Italia e per nulla nel fundraising. Ma scriverne mi sta aiutando a sentirmi più a mio agio nella mia dimensione professionale e magari qualche altro fundraiser si ritroverà nella medesima esperienza.

Già, perché ho scoperto solo quest’anno di essere una persona multipotenziale sul lavoro. Fino a qualche mese fa non avevo mai sentito parlare di persone multipotenziali e immaginavo di essere vincolata a svolgere una sola e unica tipologia di lavoro in un ambito ben delineato, il fundraising. Non riesco però a distogliere l’attenzione da altri elementi irrinunciabili nella mia dimensione professionale, come la conservazione e il diritto dei beni culturali, la progettazione culturale e sociale.

Sono consapevole che è una strada non tracciata, che presa coscienza di questa molteplicità con tutte le sue sfaccettature non è più possibile rimanere nella comfort-zone dell’una o l’altra definizione e dovrò trovare un modo per cominciare a dare forma a questo progetto professionale, ma, come detto, sono appena all’inizio.


Ma c’è un passo in più che sento di fare e che credo di condividere con molti colleghi, anche se ne sono inconsapevoli quanto me, ossia che esiste insieme al fundraiser verticalizzato e specializzato in una branca della materia anche questo “fundraiser multipotenziale” che utilizza tutto il suo bagaglio di conoscenze e formazione professionale per svolgere al meglio questo lavoro. Tentenno sul fatto che ci sia dell’innovazione in quanto scrivo e magari è soltanto una etichetta differente a un personaggio in cerca d’autore che qualcuno ha già individuato sotto altro nome, ma ritengo che tutto questo meriti un approfondimento e valorizzi quei fundraiser di “seconda vocazione” che possono con l’originalità e la multidisciplinarietà contribuire allo sviluppo di questo ruolo professionale.

Quindi…perché no?

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